(di Luigi Adami)
Mons. Lodovico Aldrighetti nacque nel 1902. Fu ordinato prete dal vescovo Girolamo Cardinale nel 1926. Il Seminario diocesano, le parrocchie di Desenzano e Padenghe (in provincia di Brescia ma in diocesi di Verona) furono i suoi ambiti di lavoro pastorale (educatore, curato, parroco) per i primi quattordici anni di vita presbiteriale.
Arrivò a Soave il 7 luglio 1940. Cosà Stefano Masnovo raccontò l’ingresso a Soave del nuovo parroco: “È arrivato tra noi quasi in silenzio. I tempi cominciavano a farsi tristi e la guerra muoveva minacciosa i primi passi: la gioventú già al fronte o in procinto di partire, le famiglie in ansia per i loro cari, l’avvenire incerto per tutti”.
Mons. Aldrighetti servà la parrocchia di Soave con totale dedizione di tutte le sue forze fino agli inizi del 1968 quando, per malattia, rinunciò al suo ufficio di parroco. Morà qualche mese dopo, nell’agosto del 1968, a 66 anni. Il suo corpo riposa nel cimitero del paese.
Possiamo dividere in quattro periodi i quasi trent’anni vissuti a Soave: guerra (’40-’45), dopoguerra (’45-’50), ripresa e ricerca (’50-’60), concilio (’60-’68).
Mons. Mario Peruzzi, curato a Soave dal 1941 al 1945, resse la parrocchia anche nei lunghi, difficili mesi (dal settembre del ’44 al maggio del ’45) di prigionia nel lager nazista di Dachau in Germania di Mons. Aldrighetti. Riporto da una sua testimonianza scritta nel 1965 qualche frammento: “Gli anni dal 1942 al 1945 furono i piú cruciali per la guerra e i piú difficili per il dovere di un parroco. Anche a Soave la ripercussione della situazione nazionale fu quanto mai immediata e vi recò – con i problemi nuovi del conflitto, dei suoi insuccessi, dell’invasione e della resistenza al fascismo – quell’atmosfera generale di delusione, di sfiducia e di beffardo fatalismo nei giovani; di egoismo avido e gretto e di muto rancore che covava vendetta negli adulti. senz’ombra di adulazione e senza tema d’inganno affettuoso, è doveroso affermare che Mons. Aldrighetti, nel vivere in sé la tragedia di quegli anni, sentà consapevolmente in tutta l’estensione la responsabilità del suo posto e rispose alle esigenze del momento con chiarezza di convinzioni e con rettitudine d’azione. La canonica fu la meta di un pellegrinaggio di dolori, di delusioni, di disperazione, di problemi morali e civili sempre piú gravi e sempre tali da potere compromettere anche persone accorte e caute. L’attività pastorale ordinaria era allora condizionata dalle circostanze e limitata all’essenziale: ma lasciava intravvedere quei chiari obiettivi di formazione illuminata e robusta e di impegno apostolico, che troveranno sviluppo nel dopoguerra”.
Nella stessa testimonianza Mons. Peruzzi ricorda con grande rigore e profonda partecipazione l’arresto, la prigionia e il ritorno a Soave di Mons. Aldrighetti: “. alle due pomeridiane del martedì 26 settembre 1944 fu prelevato e dopo una rapida informazione nella sede della Brigata Nera, fu trasferito a Verona al comando delle SS (Corso Porta Nuova, 11) e affidato alla sezione dei servizi politici. L’accurata perquisizione operata in casa non aveva offerto alcun elemento.”.
Quale fu il motivo dell’arresto?
Questa la risposta di Mons. Peruzzi: “Dunque: non partecipazione indebita a iniziative, onorevolissime ma meno proprie per un parroco; fu una vendetta della Brigata Nera per essere stata smascherata dinnanzi al comandante tedesco, da una voce cosà autorevole e audace, nelle incoscienti bravate dei suoi ragazzotti ubriachi”. Mons. Aldrighetti quindi non fu – come qualcuno pensò e disse in quei giorni dell’arresto – un imprudente, né fu un eroe – come qualche altro scrisse dopo alcuni decenni dal fatto. Fu semplicemente un pastore che compà sino in fondo il suo dovere pagando il prezzo che quel tempo e quelle circostanze gli chiesero. E di questo prezzo pagato egli ne fu pienamente consapevole. Mons. Peruzzi trovò un appunto frettolosamente scritto sulla carta assorbente dello scrittoio: “Alleggerire il debito della parrocchia, riparare per gli altri, sostituire”. Questo fu il suo programma pastorale a Soave e a Dachau dove visse “per i lunghi otto mesi affrontati con ricchezza interiore e con serena coscienza del bene comune compiuto”.
La testimonianza di mons. Peruzzi termina facendoci rivivere la gioia del ritorno: “Il lunedì 28 maggio con un convoglio di altri internati l’arciprete giunse a Verona; verso mezzogiorno ne fummo informati e, con l’immediatezza e la sincerità delle cose spontanee, fu deciso di riceverlo in forma pubblica. Tutta la parrocchia era presente fuori Porta Verona quando alle ore 16 arrivò un lungo corteo di macchine che era andato a prelevarlo in città . Il giovedì 31 si svolse la processione eucaristico-mariana alla Bassanella, che l’arciprete suggellò con un suo felicissimo discorso presentando i capisaldi della ricostruzione spirituale e morale come condizione indispensabile per una valida ricostruzione terrena. La letizia di quel giorno rimase offuscata dalle notizie che l’arciprete recò degli altri soavesi suoi compagni di Dachau”.
Il periodo del dopoguerra vide Mons. Aldrighetti impegnato nella non facile opera di ricostruzione morale, com’ebbe egli stesso a dire in una commemorazione pronunciata il 22 giugno 1945 per ricordare il pretore Giuseppe Garribba morto a Dachau il 24 marzo precedente: “Nella grande e difficile opera di ricostruzione del nostro paese, cerchiamo di essere come lui generosi; siano banditi i rancori, gli odi personali, le vendette; non lasciamoci ingannare, non lasciamoci ubriacare e non vogliamo ubriacare i fratelli; c’è bisogno di cooperazione leale e generosa”.
La generosità fu la grande regola che guidò il suo lavoro pastorale a Soave fino alla morte. Don Sisto Valle, che fu suo collaboratore per sei anni, di Mons. Aldrighetti traccia questo profilo: “Mai potei notare in lui grettezza di mente, piccolezza di cuore, attaccamento alla vita comoda, incertezza di fronte al dovere. Primo ad alzarsi ed ultimo a coricarsi. Porta, tasche, e cuore sempre aperti per chiunque venisse a bussare da lui. Non posso dimenticare le lunghe teorie di persone che gli chiedevano attenzione, dedizione, consiglio, conforto e aiuto di giorno e di notte. Lo zelo ardimentoso e intrepido era una componente essenziale del suo carattere”.
Io personalmente sono stato destinatario e ho goduto di questa generosità pastorale. Insieme a me molti sono i soavesi che sentono stima e gratitudine per Mons. Lodovico Aldrighetti. E ci auguriamo che la comunità di Soave conservi la sua memoria come stimolo a diventare sempre piú generosa e coraggiosa nel camminare sulle vie della solidarietà .
Pagina aggiornata il 13/12/2023